mercoledì 16 ottobre 2013

Convicted: The silent Ghost.



Faregate Day 28


Klaus Schmidt viene considerato dal giovane John al pari di un Fantasma. The Ghost, è il soprannome che gli ha affibbiato, quando più di una volta lo ha visto reagire con un’impressionante velocità, schivare proiettili e colpire più persone contemporaneamente.


Ma Klaus Schmidt resta un semplice soldato, un combattente, uno di quelli che messo in gabbia con un avversario, lotta instancabilmente per raggiungere uno dei due risultati possibili: Primeggiare e sopravvivere o soccombere e morire. 


Venne messo in cella con un muscoloso minatore di Clackline, dalla pelle nera dura e tesa sui muscoli gonfi. Una volta messo piede in cella, Klaus lo vide scrocchiare le dita con un sorriso beffardo al quale rispose con uno sguardo glaciale e fermo. Il cancello si chiuse con un suono metallico che fu interpretato come il suono della campanella di un Ring. L’ex-minatore venne portato mezzora dopo fuori dalla cella, con il naso rotto, un paio di costole incrinate ed una commozione cerebrale.


Il biondo indipendentista è uno dei sopravvissuti alla guerra. Cresciuto su Hera ed istruito in maniera rudimentale dal padre, si è inserito fra le schiere indipendentiste verso la fine del periodo di guerra. È uno specialista del corpo a corpo ed un instancabile soldato. Su Bullfinch si allenava costantemente, eseguiva gli ordini in silenzio ed era il primo a scattare quando si presentava un pericolo. Klaus era ed è tutt’ora l’avanguardia dei Dust Devils, l’operativo della squadra e per lui la detenzione in una prigione come Faregate era al pari di un allenamento intensivo. Ogni giorno uno scontro. Ogni giorno un avversario differenti. Sul fisico i lividi si davano il cambio scandendo il tempo, le cicatrici restavano per segnare le vittorie. Ogni volta che sedeva ad un tavolo della mensa il suo sguardo vigile scansionava la zona ed era l’unico momento in cui riusciva ad affiancare il giovane compagno vittima più di tutti di quella detenzione forzata. 


Le parole erano inutili, John pareva non voler aiuto, umiliato nel profondo non accettava di perdere ancora quel briciolo di orgoglio e rispetto per se stesso. Klaus lo capiva, lo rispettava. Fino ad un certo punto. Gli altri diavoli si trovavano su Bullfinch a combattere, Red era costantemente in isolamento, in sala interrogatori o in infermeria. Lui era l’unico che poteva fare qualcosa.


Vedere John uscire dalla cella con la schiena insanguinata ed il suo numero di matricola inciso sulla spalla destra fu l’ultima goccia. Il messaggio d’avvio per quello che sarebbe accaduto da li ad una settimana.


Aspettò il momento giusto, cercò di pianificare alla perfezione ogni tempistica. L’unico luogo dove poteva vendicarsi di Butch per quello fatto a John era la stanza delle docce. Era la stanza con gli angoli cechi per eccellenza. Sembrava costruita apposta, per i soprusi, gli stupri e gli omicidi, grazie ad una parete centrale che percorreva la lunghezza della stanza e che oscurava la maggior parte della visuale delle guardie all’entrata.


Klaus si fece malmenare un giorno prima della giornata dedicata al bagno, per arrivare in ritardo all’appuntamento, e giungere così mentre gli altri cominciavano ad uscire dal bagno. Ogni blocco aveva poco meno di una mezzora per lavarsi, ed ogni blocco era composto da cinque celle. I detenuti del blocco 17, quello di Butch sapevano che il lato oscuro delle docce era di suo dominio. Il crucco si spogliò prese un asciugamano pulito e se lo legò alla vita attendendo il permesso dalle guardie d’entrare.


Una volta all’interno ignorò una coppia di detenuti e superò l’angolo portando nella sua visuale l’energumeno già addosso al compagno. Non una parola uscì dalle sue labbra. Il fantasma scattò vibrando un colpo all’altezza del rene sinistro dell’animale, questi si voltò con una mano al fianco, fiaccato ed il pugno sollevato pronto a contrattaccare. Klaus riuscì a schivare il colpo, piegandosi quel tanto che bastava per penetrare le difese del macellaio. Un secondo pugno colpì la zona del fegato, mentre le nocche dell’indice e del medio si piantarono nel plesso solare. 


John era finito a terra con le mani sopra la testa dopo essere stato spinto fuori da quello scontro, alzò lentamente lo sguardo vedendo Klaus in posizione di guardia vibrare un poderoso pugno verso il viso del suo compagno di cella. Il sangue si mischiò all’acqua che continuava a scrosciare dallo spruzzino, per il naso rotto. Mentre il colosso cominciava a traballare tramortito, Klaus sciolse dalla vita l’asciugamano per  avvolgerlo su se stesso prima di agguantarlo con entrambe le mani. Scattò nuovamente verso Butch stringendogli l’asciugamano ora umido intorno al collo per poi costringerlo ad inginocchiarsi piazzandogli una ginocchiata in mezzo alle gambe.


Per tutto il tempo Klaus non spiaccicò una parola, riversò Butch sul pavimento, gli si sedette sopra, in una pozza d’acqua mista a sangue che andava mano a mano allargandosi ad ogni pugno che continuava piantargli sul viso sempre più tumefatto. 


Klaus continuò a tirare i pugni in silenzio.


Continuò a colpire il suo viso anche dopo che cessò di respirare.


John non dimenticherà mai lo sguardo del fantasma, in quel bagno scuro macchiato di sangue.

Nessun commento:

Posta un commento