Faregate Day 21
Uno
dei modi che ha la gestione di un penitenziario di massima sicurezza, per
rendere gestibile la detenzione dei detenuti è quella di eliminare il più
possibile, il contatto con il mondo esterno. Un altro modo è quello di eliminare
lentamente i diritti umani del soggetto, eliminare l’individuo.
Il
primo passo per questo processo è dato dall’eliminazione del nome. Quello che
fin dal tuo primo vagito ti caratterizza come essere umano, che ti rende una persona,
quello che sei, all’interno di Faretrade viene sottratto e sostituito con un
numero. Questo numerò porterà un individuo senza nome di credere giorno per
giorno, di non essere nulla.
“Dove cazzo hai intenzione di andare, ragazzino?”
Grasso,
imponente e sudaticcio. Il compagno di cella riusciva ad apparire ancora più
grande di quanto non fosse, grazie al suo carattere.
“Fuori per l’ora d’aria.”“Tu non ti muoverai da questa cella.”“Non puoi costringermi.”
John
era stanco di subire. Era esausto di sopportare quel suo modo di fare, quegli
ordini dati come se avesse un secondino in cella. Non poteva andare avanti. Partì
all’attacco chiudendo nel pugno una lama precedentemente creata sciogliendo con
un accendino la fine di uno spazzolino da denti. Riuscì a colpirgli la spalla
destra, ma l’attacco fu completamente inutile.
“Mossa sbagliata ragazzino.”
John
senti il grande impatto a lato del viso ed il sapore del sangue in bocca. Crollò
facilmente a terra, riverso con il peso del bestione sopra di lui. Era frastornato
al punto che cominciò a credere d’essere ancora su Hall Point a fronteggiare
Dragan. Ogni suo movimento per disarcionare il compagno di cella era vano per la
differenza di stazza.
“Devi ancora capire quale sia il tuo posto.”
La
maglia venne strappata come se fosse carta e John cominciò a sentire il
bruciore sulla palle. Sentì la lama creata per salvarsi, incidergli la carne.
Benché
Butch avesse delle mani enormi, era piuttosto abile nell’utilizzo delle lame, e
riusciva a muoverle con maestria mentre incideva nella carne viva sulla sua
pelle i numeri assegnati al giovane indipendentista.
“Sei solo carne, ragazzino. Un numero. Nient’altro.”
La
fronte premuta contro il pavimento con forza, i denti serrati per la mascella
contratta, per non urlare, per sopportare il dolore, gli occhi umidi di lacrime
per l’umiliazione. Una parte di lui cominciò a ritirarsi, come per proteggersi,
per ignorare il mondo che stava vivendo.
Una
sentinella passò proprio in quel momento e riuscì a vedere perfettamente il
bastardo sollevarsi in piedi con ancora in mano lo spazzolino insanguinato,
sorridente.
“Il ragazzo si è tagliato, accidentalmente.”
Bastò
questo per evitare altre parole da parte della guardia. John venne accompagnato
in infermeria, sotto lo sguardo nervoso di Klaus e medicato alla bene e meglio
per poi essere rispedito nuovamente in cella.
Nel
breve periodo che passò all’interno dell’infermeria della sua sezione, la sua
mente vagava. Un tempo amava quel soprannome: “Ragazzino”. Jack e Buck erano
soliti usarlo, lui era “il Ragazzino”. Ora quell’aggettivo gli era stato
strappato via dalle mani di un macellaio, e con esso una parte di lui.
Quando
John venne riportato in cella, lo trovò ad aspettarlo a lato dell’entrata,
intento a tenere il telo montato per evitare occhiate indiscrete dall’esterno,
con il solito sorriso beffardo in volto.
“Ben tornato a casa ragazzino. Hai finalmente capito cosa sei?”“Aye… solo carne.”
John
venne fatto entrare, e la tenda venne calata per celare al resto di Faregate
quello che sarebbe accaduto all’interno di quella cella.
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