mercoledì 16 ottobre 2013

Convicted: n°17-38-5426



Faregate Day 21


Uno dei modi che ha la gestione di un penitenziario di massima sicurezza, per rendere gestibile la detenzione dei detenuti è quella di eliminare il più possibile, il contatto con il mondo esterno. Un altro modo è quello di eliminare lentamente i diritti umani del soggetto, eliminare l’individuo.


Il primo passo per questo processo è dato dall’eliminazione del nome. Quello che fin dal tuo primo vagito ti caratterizza come essere umano, che ti rende una persona, quello che sei, all’interno di Faretrade viene sottratto e sostituito con un numero. Questo numerò porterà un individuo senza nome di credere giorno per giorno, di non essere nulla.

“Dove cazzo hai intenzione di andare, ragazzino?”

Grasso, imponente e sudaticcio. Il compagno di cella riusciva ad apparire ancora più grande di quanto non fosse, grazie al suo carattere.

“Fuori per l’ora d’aria.”
“Tu non ti muoverai da questa cella.”
“Non puoi costringermi.”

John era stanco di subire. Era esausto di sopportare quel suo modo di fare, quegli ordini dati come se avesse un secondino in cella. Non poteva andare avanti. Partì all’attacco chiudendo nel pugno una lama precedentemente creata sciogliendo con un accendino la fine di uno spazzolino da denti. Riuscì a colpirgli la spalla destra, ma l’attacco fu completamente inutile.

“Mossa sbagliata ragazzino.”

John senti il grande impatto a lato del viso ed il sapore del sangue in bocca. Crollò facilmente a terra, riverso con il peso del bestione sopra di lui. Era frastornato al punto che cominciò a credere d’essere ancora su Hall Point a fronteggiare Dragan. Ogni suo movimento per disarcionare il compagno di cella era vano per la differenza di stazza.

“Devi ancora capire quale sia il tuo posto.”

La maglia venne strappata come se fosse carta e John cominciò a sentire il bruciore sulla palle. Sentì la lama creata per salvarsi, incidergli la carne.

Benché Butch avesse delle mani enormi, era piuttosto abile nell’utilizzo delle lame, e riusciva a muoverle con maestria mentre incideva nella carne viva sulla sua pelle i numeri assegnati al giovane indipendentista.

“Sei solo carne, ragazzino. Un numero. Nient’altro.”

La fronte premuta contro il pavimento con forza, i denti serrati per la mascella contratta, per non urlare, per sopportare il dolore, gli occhi umidi di lacrime per l’umiliazione. Una parte di lui cominciò a ritirarsi, come per proteggersi, per ignorare il mondo che stava vivendo.

Una sentinella passò proprio in quel momento e riuscì a vedere perfettamente il bastardo sollevarsi in piedi con ancora in mano lo spazzolino insanguinato, sorridente.

“Il ragazzo si è tagliato, accidentalmente.”

Bastò questo per evitare altre parole da parte della guardia. John venne accompagnato in infermeria, sotto lo sguardo nervoso di Klaus e medicato alla bene e meglio per poi essere rispedito nuovamente in cella.

Nel breve periodo che passò all’interno dell’infermeria della sua sezione, la sua mente vagava. Un tempo amava quel soprannome: “Ragazzino”. Jack e Buck erano soliti usarlo, lui era “il Ragazzino”. Ora quell’aggettivo gli era stato strappato via dalle mani di un macellaio, e con esso una parte di lui.

Quando John venne riportato in cella, lo trovò ad aspettarlo a lato dell’entrata, intento a tenere il telo montato per evitare occhiate indiscrete dall’esterno, con il solito sorriso beffardo in volto.

“Ben tornato a casa ragazzino. Hai finalmente capito cosa sei?”
“Aye… solo carne.”

John venne fatto entrare, e la tenda venne calata per celare al resto di Faregate quello che sarebbe accaduto all’interno di quella cella.

Nessun commento:

Posta un commento